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Eventi del giorno
"Poesì". Incontri culturali dedicati alla lettura critica della "Commedia di Dante"
Luogo: Museo Archeologico Provinciale di Salerno
Evento dal 07-12-2018
al 09-12-2018
Canto XII Paradiso al Museo Archeologico

Al Museo Archeologico le nozze tra San Domenico e la Fede
Il canto XII del Paradiso che, nel seducente spazio del Museo Archeologico Provinciale di Salerno, Rino Mele leggerà criticamente domenica mattina alle 11, è dedicato a San Domenico nella specularità del canto precedente interamente pervaso dalla luce affascinante di San Francesco, sposo della Povertà. Anche Domenico ha una sposa, la Fede (nozze che ha contratto già dal suo battesimo, e da cui non s’è mai allontanato). Metafore di celeste matrimonio che Dante usa per indicare l’affetto carnale che i due santi hanno avuto con la Povertà (San Francesco) e la Fede (San Domenico) e che li ha trasformati in altissime espressioni della Cristianità. Dante ci dà le notizie essenziali sul santo, nato a Calaruega nella Vecchia Castiglia, e che amò tanto la Fede da diventarne “l’amoroso drudo”, perdutamente amante. Chi tesse l’elogio di San Domenico è un grande francescano, Bonaventura da Bagnoregio (così come un domenicano, San Tommaso, aveva costruito intorno alla figura di San Francesco tali lodi da paragonarlo al sole). Ascoltiamo Bonaventura: “In picciol tempo gran dottor si feo; / tal che si mise a circuir la vigna / che tosto imbianca se ’l vignaio è reo”. La vigna, nelle parole ammirate di Bonaventura, è la Chiesa che San Domenico cercò di proteggere e curare con amorevolissima cura. Dante poi tocca uno degli aspetti più dolorosi e controversi, la predicazione di Domenico tra gli eretici durante la violentissima e inumana crociata contro gli Albigesi (1209-1229) con protervia sostenuta da Papa Innocenzo III. Gli albigesi, nella Franca Meridionale - la cittadina di Albi è in Occitania - ebbero una concezione estrema della purezza (il rifiuto della materia li portò a pensare che Cristo non avesse potuto rivestirsi della carne ma essere solo spirito) e che la Chiesa ritenne inaccettabile. Alla fine del canto, Bonaventura da Bagnoregio enumera gli altri spiriti che insieme a lui si muovono in cerchio nella perfezione di una lenta danza di perfezione. Tra essi, uno dei personaggi più interessanti del Medioevo, Gioacchino da Fiore (“il calavrese abate Giovachino”).


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